Luoghi di Peregrinaggio
(A cura di Maria Francesca Porcella e Francesco Puddu)
Significato frassinettiano
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Ciascuno di noi ha una storia, ciascuno di noi è la sua storia. Fare memoria è dunque il modo migliore per comprendere un’esistenza e per intuire la sua attualità. Così è per il Frassinetti: il suo messaggio non appartiene solo al passato, ma dal passato ci raggiunge e, ancora, ci parla.
Vogliamo dunque che questo itinerario ci aiuti a comprendere: non solo l’ambiente in cui Giuseppe Frassinetti visse e operò (in parte profondamente mutato: sono trascorsi duecento anni!), ma anche il senso della sua vita, che è per noi eredità da riscoprire, da custodire e da attualizzare.
L’ordine della nostra ricostruzione non sarà cronologico, ma topografico: seguirà cioè l’ordine dei luoghi che visiteremo, con ciò che essi ci tramandano della presenza frassinettiana.
Significato frassinettiano
Qui si usava condurre i fanciulli, giovanissimi, per dedicarli alla Vergine
Santa. Anche Giuseppe Frassinetti venne consacrato alla Madonna, in questo
luogo, all’età di 6 anni, e ne conservò un ricordo vivido e tenerissimo anche a
distanza di molti anni, quando conduceva qui i bambini della sua parrocchia per
ripetere questo rito della tradizione. La devozione mariana, del resto, fu uno
di cardini della spiritualità frassinettiana, e una delle eredità più
significative raccolte dai Figli di Maria.
Il Frassinetti aveva raccolto attorno a sé in S. Sabina, la Pia Unione dei
Figli di Maria, a partire dal 1860. In questo medesimo luogo, i primi
“religiosi al secolo” (consacrati laici) radunati dal Frassinetti inizialmente
nei locali della canonica di S. Sabina, vennero per inaugurare la loro vita
comune (era il giorno della Provvidenza, ossia la seconda domenica dopo
l’Epifania dell’anno 1866, il 14 gennaio), festeggiando poi a casa con alcuni
fichi secchi (da allora la tradizione perpetuata in Congregazione di ricordare
quell’inizio con il “rito” dei fichi!): erano Pietro Olivari, Emmanuele
Pedemonte, Pietro Ghiglione.
Per molti anni i Figli di Maria della Casa di Genova vennero qui in
pellegrinaggio regolarmente: vi avevano piantato un albero, nel giardino del
Convento, e tornavano a contemplarne la crescita e lo sviluppo, proprio mentre
la Congregazione si sviluppava e cresceva.
Siamo all’epilogo, o meglio: al “passaggio delle consegne”. Il Frassinetti
morì in odore di santità nel gennaio del 1868, tra il cordoglio e il compianto
di centinaia di genovesi, dai primi tra i ricchi e i potenti agli ultimi tra i
più poveri della città.
Ne furono scritte alcune biografie e solo molti anni dopo, nel 1916, fu
istruito il processo di beatificazione, prima a Genova e poi a Roma. Il 14
maggio 1991 ne è stata dichiarata l’eroicità delle virtù e il Frassinetti è
stato proclamato Venerabile.
Dopo la morte del fondatore, l’Opera dei Figli di Maria passò nelle mani
del P. Piccardo, e divenne in seguito la Congregazione FSMI.
Istituto Antonio Piccardo
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Dai locali di S. Sabina, i Figli di Maria si
trasferirono in varie case, man mano che la comunità cresceva. Dopo via Mylius
e via Lata e la salita delle Mura delle Cappuccine, nel 1872 approdarono, sotto
la guida del P. Antonio Piccardo (da cui oggi la casa prende il nome), in
questo edificio, che sarebbe diventato e rimasto il cuore dell’Opera dei Figli
di Maria, che diede alla Chiesa genovese nell’arco di cinquant’anni oltre 200
sacerdoti, alcuni dei quali divennero vescovi e molti missionari (tra cui il
primo giovane povero accolto nella casa dei Figli di Maria, Nicolò Ferretti,
che partì per gli Stati Uniti).
Questa viene considerata la Casa madre della Congregazione dei Figli di S. Maria Immacolata.
L’Istituto è stato per molti anni Casa di
formazione dei Figli di Maria, poi scuola elementare e media, nonché – fino al
1999 – Istituto Tecnico-Commerciale diretto dai Figli di Maria, contribuendo
alla formazione di molte generazioni di giovani e di influenti personalità della
vita cittadina.
La Cappella
custodisce le spoglie del Fondatore, qui traslate dal Cimitero
monumentale metropolitano di Staglieno nel 1934, accanto a quelle del suo
successore alla guida della Congregazione, il P. Antonio Piccardo.
Al secondo piano dell’Istituto si possono
osservare i ritratti di Giuseppe e Raffaele Frassinetti e del tipografo Pietro
Olivari, opera di Giuseppe Isola.
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I Frassinetti abitarono nel territorio di questa parrocchia due volte, da
quando Giuseppe aveva circa 2 anni a quando ne compì 11, e poi da quando ne
ebbe 20 fino a quando, all’età di 27 anni, si trasferì a Quinto al Mare come
Parroco. Qui, nel corso della prima fase abitativa, nacque e fu battezzata
(appunto nella chiesa di S. Stefano) la futura Santa Paola Frassinetti.
Dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta nella Cattedrale di Savona il 22
settembre del 1827 per l’imposizione delle mani di Mons. Airenti (il vescovo di
Genova, Lambruschini, si trovava allora a Parigi), il Frassinetti svolse in
questa chiesa i primi anni del suo ministero pastorale, in qualità di
coadiutore, iscrivendosi a due congregazioni di sacerdoti istituite per la
predicazione e la catechesi: quella dei Missionari Urbani e quella dei
Franzoniani.
Emerge qui immediatamente una particolarità del ministero pastorale del
Frassinetti: egli sentì sempre fortemente questa appartenenza ecclesiale e si
impegnò a fondo per la fraternità sacerdotale, circondandosi di valenti
collaboratori, tanto da non operare mai solo, ma sempre in comunione. È
l’”effetto Eucaristia” (come lo chiama il nostro storico e postulatore emerito
P. Falasca): dove i molti diventano uno. Qui, per esempio, con l’aiuto dell’amico
carissimo Don Luigi Sturla, il Frassinetti avviò l’Opera di S. Raffaele e S.
Dorotea per l’insegnamento della dottrina ai ragazzi: i giovani passarono da un
numero iniziale di soltanto 40 unità ad oltre 700!
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In questa chiesa dei Gesuiti, intitolata più precisamente a S. Ambrogio e S. Andrea, Frassinetti e i suoi amici della Congregazione del Beato Leonardo vennero spesso negli anni giovanili, quando si consultavano con il rinomato padre Bresciani sj, che tra l’altro, incoraggiò la nuova fondazione di S. Paola e volle pagare per alcuni mesi il canone di affitto della loro casina (1835). A causa della loro vicinanza ai Gesuiti i congregati della Beato Leonardo furono accusati di essere gesuitanti e vennero perseguitati nei moti rivoluzionari del 1848.
In questa chiesa dei Gesuiti, intitolata più precisamente a S. Ambrogio e S. Andrea, Frassinetti e i suoi amici della Congregazione del Beato Leonardo vennero spesso negli anni giovanili, quando si consultavano con il rinomato padre Bresciani sj, che tra l’altro, incoraggiò la nuova fondazione di S. Paola e volle pagare per alcuni mesi il canone di affitto della loro casina (1835). A causa della loro vicinanza ai Gesuiti i congregati della Beato Leonardo furono accusati di essere gesuitanti e vennero perseguitati nei moti rivoluzionari del 1848.
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Nella Cattedrale di Genova non ci sono particolari ricordi frassinettiani.
Neppure fu ordinato sacerdote in questa
chiesa, in quanto quell’anno le ordinazioni avvennero a Savona.
Essendo però la Cattedrale della sua
amata Genova possiamo supporre che ebbe una grande importanza nella vita
spirituale e sociale del Venerabile. In essa si trovano anche i busti di alcuni
vescovi che ha conosciuto personalmente; Mons. Andrea Charvaz e Mons. Salvatore Magnasco. Con quest’ultimo
c’è stata sempre una cordiale collaborazione, sia nella Congregazione del Beato Leonardo, sia nella Società Cattolica di Mutuo Soccorso. Frassinetti scelse il Magnasco
tra i membri del Comitato Promotore della Pia Casa dei Figli di Maria per
l’avviamento dei giovinetti poveri alo stato ecclesiastico. Nominato
Vescovo solo dopo la morte del Frassinetti, Mons. Salvatore Magnasco fu però
sempre sostenitore dei Figli di Maria e amico personale di P. Antonio Piccardo.
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In questa bellissima chiesa il Frassinetti fu battezzato il 16 dicembre
1804 con il nome di Paolo Giuseppe Maria. Si può vedere ancora il fonte
battesimale in cui presumibilmente il Venerabile divenne figlio di Dio, gruppo
scultoreo opera di Domenico Parodi, datato 1697.
In questa chiesa il Venerabile trascorse molto tempo in preghiera, sia da
bambino che da adulto.
Chiesa dell'annunziata
P.zza S. Sabina
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Qui sorgeva anticamente la chiesa di S. Sabina, di cui Giuseppe Frassinetti divenne il famoso Priore, a partire dal 1839 e fino alla morte, avvenuta il 2 gennaio 1868.
Si conserva della chiesa solo la struttura absidale, nell’interno dell’Istituto Bancario che ora ha preso il suo posto. A lato si può ancora vedere la facciata dell’annesso Oratorio della Morte e della Passione.
Qui Giuseppe, dopo qualche tempo, chiamò a vivere con sé il padre (fino al 1853, anno in cui morì) e i fratelli sacerdoti, Giovanni e Raffaele, suoi instancabili collaboratori nell’intensa attività pastorale di quegli anni, fatta di confessioni, direzione spirituale, sacramenti, di attenzione ai più poveri, organizzazione di associazioni parrocchiali e di moltissimi scritti divulgativi.
Da questa sede il Frassinetti si allontanò forzatamente solo per recarsi in esilio (nell’anno 1848-49) a S. Cipriano, nell’immediato entroterra genovese, ridente località di villeggiatura ove l’amico Girolamo Campanella aveva una casa. Giuseppe vi rimase sotto lo pseudonimo di “prete Viale” (dal cognome della madre), soffrendo per la lontananza dal suo gregge e dedito a studi intensi e alla preghiera.
Ex Seminario
Significato frassinettiano
L’antico edificio in cui si trovava il Seminario genovese è attualmente
sede dell’Istituto bancario CARIPLO. Esso accolse per alcuni anni il giovane
Giuseppe, che come alunno esterno ne frequentò i corsi di Retorica, Filosofia e
Teologia.
Fu un periodo di grandissima importanza, per la formazione intellettuale e
spirituale del futuro Priore: qui, infatti, ebbe come maestri alcuni tra i più
fulgidi esempi del clero genovese dell’Ottocento (basti ricordare S. Antonio
Maria Gianelli, fondatore poi di una Congregazione di suore, che ebbe sui suoi
alunni un influsso straordinario e fu canonizzato già nel 1925); qui, inoltre,
il Frassinetti strinse quelle amicizie sacerdotali che custodì per tutta la
vita e tra le quali scelse anche i suoi più efficaci collaboratori: si pensi a
Salvatore Magnasco, a Giovanni Battista Cattaneo, oppure al sacerdote Luigi
Sturla, suo amico carissimo e compagno anche nella cattiva sorte: quando, per
la persecuzione dei Gesuiti e dei cosiddetti “gesuitanti” fedeli a Roma e al
Papa, nell’infiammato clima rivoluzionario, il Frassinetti fu costretto a
ritirarsi in esilio, lo stesso Sturla dovette fuggire tra le sabbie d’Egitto e
d’Arabia, fino ad Aden, donde fece ritorno solo nel 1857.
Del resto, una delle attenzioni prioritarie e originarie del Frassinetti,
fin da giovane sacerdote, fu la formazione continua (così la chiameremmo oggi)
del clero: a questo scopo fu tra i fondatori della Congregazione del Beato
Leonardo di Porto Maurizio per la formazione spirituale e culturale del clero,
poi chiusa a causa delle sopra menzionate persecuzioni antigesuitiche.
Via della Scurreria
Significato frassinettiano
In questa via il padre di Giuseppe, Giambattista Frassinetti, semplice
commerciante, possedeva un negozietto di merceria (difficile però ubicarne
esattamente i locali).
P.zza Campetto – vico Carlone
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Da qualche parte nella fitta e intricata rete di “carruggi” che caratterizzano il centro storico della città portuale
(il più vasto d’Europa), nei pressi di questo luogo, si trovava la casa natale
di Giuseppe Frassinetti, in un vicolo nei pressi della Chiesa di S. Paolo
Vecchio. Il Frassinetti vi nacque il 15 dicembre 1804, dal padre Giambattista e
dalla madre Angela Viale.
Pare che i due abbiano avuto numerosi figli (forse 11), di cui, a causa
dell’elevata mortalità infantile frequente a quel tempo, ne sopravvissero 5:
Giuseppe, Francesco (che divenne poi Canonico Lateranense), Paola, Raffaele e
Giovanni. Tutti ebbero dall’ambiente familiare una accurata educazione
religiosa e tutti, appunto, abbracciarono uno stato di vita consacrata.
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